Il sale è fondamentale per la nostra vita perché regola la quantità di acqua presente nell’organismo, contribuendo a creare il giusto equilibrio tra sali minerali e acqua all’interno e all’esterno delle singole cellule del nostro corpo. Il sale non va demonizzato, ma va usato con cautela perché quando è presente in eccesso nel nostro corpo può causare problemi alla circolazione del sangue, oltre a favorire la ritenzione dei liquidi e la cellulite.
In particolare occorre moderare l’assunzione del comune sale da cucina, il bianchissimo cloruro di sodio che, come tutti i prodotti ‘bianchi’ (zucchero, pasta, pane, riso…) ha subito un processo di raffinazione perdendo minerali preziosi per la nostra salute. Lo iodio, per esempio, che, dopo il processo di raffinazione, viene aggiunto chimicamente come espediente per ovviare alla carenza di iodio diffusa in alcune aree d’Italia (specialmente in Lombardia) che può provocare ritardi neurocognitivi nei bambini e problemi tiroidei.
Una valida alternativa è il sale marino integrale che, a differenza di quello bianco, non ha subito il processo di raffinazione e perciò mantiene intatti i minerali, naturalmente presenti, preziosi per la nostra salute: il manganese per il cuore, il rame e lo iodio per la costituzione degli ormoni tiroidei, lo zinco per le cellule nervose.
Oggi in commercio sono diffuse varietà sempre più numerose di sale. Il sale nero delle Isole Hawaii, per esempio, ha un retrogusto di alghe che lo rende perfetto per condire ricette a base di pesce, di verdure e insalate.
Ai funghi, le patate, le zuppe di verdure e di cereali ben si adatta il fluer de sel, il “fior di sale” che proviene dalle saline della Camargue, in Francia, e che si ottiene raccogliendo i primi granelli sulla superficie delle saline, delicati nel sapore e ricchi di sostanze nutrienti. Il fior di sale non è raffinato, è iposodico, e non addizionato con antiaddensanti o conservanti.
Dalla Bretagna arriva il Guérande, che esalta il sapore dei funghi e delle verdure lessate, e dal Portogallo il Fior de sal dell’Algarve.
Da molto lontano arriva invece il sale rosa dell’Himalaya che non è ricavato dal sale marino ma dal sale di roccia (salgemma). Contiene moltissimi microelementi, di cui quello presente in maggiore quantità è il ferro, che ne conferisce la colorazione caratteristica.
Purtroppo il sale rosa dell’Himalaya non è di certo un prodotto a chilometro zero. Le zone di estrazione si trovano sulla catena dell’Himalaya e si sono formate grazie ad un processo durato ben 250 milioni di anni. Il sale rosa verrebbe trasportato a spalla, in sacchi pesanti, soprattutto da donne, per chilometri e chilometri, fino alle aree di lavorazione.
É sempre bene preferire prodotti a chilometro zero: in Italia privilegiamo il consumo del sale marino integrale proveniente dalle saline di Trapani o a Cervia, sull’Adriatico, che vengono definiti “dolci” perché privi di quelle sostanze che conferiscono al sale un retrogusto amarognolo.
Queste varietà di sale ormai si trovano abbastanza facilmente anche al supermercato, nei negozi di prodotti biologici, nelle erboristerie, in alcune botteghe del commercio equo e su internet. Attenzione all’etichettatura: deve esserci scritto “sale marino integrale”, mentre se è riportato solo “sale marino” o “sale marino iodato” non si tratta del prodotto che state cercando.